domenica 6 marzo 2016

IO STO CON CHIARA

Una domenica di fine primavera, mattina calda come una giornata d'estate, stazione ferroviaria di Cassino... “partirono in due ed erano abbastanza, un pianoforte una chitarra e molta fantasia...” non portavamo con noi né pianoforte, né chitarra, ma avevamo una sciarpa, simbolo della nostra storia, un assegno e una infinità di sorrisi da dare. Arriviamo a Roma e ci incamminiamo per trovare il mezzo e poi l'altro ancora per arrivare alla Fondazione Santa Lucia. Arriviamo alla clinica, bella, nel verde, il sole batteva forte, non c'era nessuno o erano tutti rintanati all'ombra. Gli ospiti più fortunati i fine settimana tornavano a casa per farvi rientro a domenica inoltrata. Saliamo al piano interessato, il papà di Chiara, Maurizio, ci viene incontro, ci abbraccia con l'affetto di un vecchio amico che non si vedevano da anni, ma era la prima volta che ci incontravamo. Ci dice di essere forti, quelli come noi lo sono per natura, entriamo e Maurizio abbraccia e scherza con la figlia, gli dice che siamo amici loro, che portavamo qualcosa per lei, che eravamo giunti da Cassino per stare insieme. Gli doniamo la sciarpa dei fedayn, Maurizio la prende e la fa toccare a Chiara, poi la allunga sul letto, Chiara nella sua immobilità volge lo sguardo a noi, ci sorride, è felice, la sciarpa ha gli stessi colori della sua Lazio, cerca di stringerla, la tiene a se, è felice. Poi gli diamo gli adesivi fatti stampare appositamente per la raccolta fondi, li guarda, c'è il suo nome, c'è la foto di una bandiera del Cassino, non vuole più lasciarli: gli appartengono. Gli diciamo che portiamo il “sorriso” dei tanti che hanno contribuito alle donazioni, ci guarda, gli occhi ci sorridono, un volto e un corpo infranto, immobile in quel letto di ospedale mentre la vita corre dietro i vetri, oltre. Il papà che non ha mai abbandonato il suo capezzale da quando Chiara ha subito questa situazione, ha dignità, forza e sorrisi da vendere. Rare volte ci è capitato di incontrare uomini di questo spessore e più che la volontà di Chiara di riappropriarsi di qualcosa che gli è stato rubato, infranto, c'è la volontà di un papà straordinaria. Noi restiamo per attimi in silenzio, colpiti da questa loro complicità, da questa energia positiva che trasmettono. Il papà ci racconta, ci parla, la parete è tappezzata di foto familiari, di amici, della Lazio. Si respira aria di semplicità, di grande dignità. Maurizio ci racconta, offrendoci il pranzo al bar dell'Istituto, che a Chiara farebbe bene tornare a casa per i week end, rivedere il suo spazio, i suoi affetti, ma non può. Vive ad Acilia, circoscrizione di Roma, quarto piano, problemi immensi legati alle barriere architettoniche. Maurizio ci parla con il sorriso sempre sulle labbra, della domanda fatta al comune per una nuova residenza, delle mille e più situazioni legate alle problematiche giornaliere una volta che Chiara dovrà andar via dal Santa Lucia. I soldi delle donazioni li ha tutti sulla posta pay, girerà anche il nostro assegno lassù. Denaro che occorrerà immancabilmente per sostenere la lunga e difficile fase riabilitativa. Di assistenza continuativa per tutto l'arco della giornata. Delle ristrutturazioni da fare a casa per adeguare il tutto alle nuove esigenze. Maurizio ci racconta tanto, ha gli occhi sognanti là dove anche un gigante si sarebbe arreso. Lotta da solo, non si ferma nemmeno quando i tanti gli hanno promesso aiuti e contributi poi rivelatosi solo dei bluff o degli sponsor per chi li proponeva. Non si è mai piegato all'inganno e al business. Sorride al pensiero della gente semplice come lui, come noi, che lo ferma per strada a stringergli la mano, a dirgli coraggio; dei tassisti che lo riconoscono e non gli fanno pagare la corsa. Un dolore che avrebbe scoraggiato chiunque, lui è lì, infonde sicurezza e forza. Noi lo ascoltiamo, abbiamo solo da imparare. Poi non finisce di ringraziarci per quello che abbiamo fatto, si commuove al pensiero che una città abbia risposto al richiamo dei suoi ultras, che in tanti hanno dato il loro contributo. Pensa alla mamma di Joe che nel suo dolore ha avuto un pensiero per il dolore di altri. Parlerebbe per ore e noi lo ascolteremmo per ore ma è tempo di ritornare da Chiara. Torniamo in stanza, gli parliamo, gli diamo la mano, ci tiene la mano, la stringe, trasmette affetto. È una forte emozione. Consegniamo l'assegno a Maurizio, immortaliamo l'attimo, testimonianza che la città di Cassino è stata vicino a questo uomo. A questo padre esemplare. Non finisce di ringraziarci, di sorriderci e di abbracciarci. Lanciamo un ultimo saluto a Chiara e andiamo via. Maurizio ci accompagna con l'auto a Ostiense da lì prendiamo la metrò per Termini. Il sole batte con più insistenza, la stanchezza cresce, si intraprende la strada del ritorno. Le immagini straordinarie che abbiamo impresse, di questo papà, della sua grande forza e dell'amore verso la propria figlia sarà qualcosa che ci accompagnerà ancora per tanto e tanto tempo.
Paolo e Fausto dei Fedayn Cassino 1977





venerdì 19 febbraio 2016

Un viaggio chiamato Ghilarza

Sveglia all'alba, se possiamo chiamarla sveglia visto che praticamente, quella porzione di notte l’abbiamo passata quasi tutta in bianco. L’attesa è di sé stessa parte del viaggio e questo viaggio per noi ha avuto inizio nel momento in cui i nostri calciatori hanno alzato al cielo quel mercoledì del 6 gennaio, la Coppa Italia Regionale. Attesa lunga e frenetica, di serate in pizzeria, di post e messaggi scanzonati e irriverenti. Attesa fatta di una organizzazione meticolosa e perfetta; la sera stessa del sorteggio che ha decretato la partita di andata in Sardegna, la gran parte del Gruppo Storico aveva già la prenotazione dell’aereo in tasca.
Nella diversità delle sue tante anime ultras, Fedayn Cassino ha raggiunto Ghilarza con ogni mezzo. Dall'auto al treno per gli spostamenti da Cassino a Ciampino e da Cagliari a Ghilarza, con volo aereo nel mezzo dei due spostamenti. I più arditi, sobbarcatosi due giorni di viaggio, tra andata e ritorno, sono andati con la nave. Imbarco a Civitavecchia con scalo ad Olbia. Ma tempo, costi e fatica non hanno frenato la passione. Questa è la nostra serie A, questi sono i nostri colori e per noi, da sempre, valgono più della categoria, si amano a prescindere.
Come accennato la giornata inizia presto. Ritrovo e partenza in auto alle 5 nei pressi della stazione. Facce assonnate ma piene di vita, ricche di entusiasmo, come ragazzi alla loro prima giornata di gita scolastica. Ma non abbiamo più l’età per sedere  su un banco di scuola, i più sono papà con figli al seguito, più di qualcuno ha superato i 50 anni, ma appartenenza e amicizia abbattono le barriere del tempo. Siamo ancora qui. In questo spazio di vita si cresce bene.
Si parte, destinazione aeroporto di Ciampino. Si arriva con largo anticipo, ma era tutto programmato. Foto di rito prima della partenza. Per tanti di noi è la prima volta in volo, per il Gruppo, nel numero considerevole di presenze è la prima in assoluto, alla soglia dei quarant'anni di storia. Nessuno accusa la notte passata in “bianco”, nell'aria si innalzano i primi cori. Non si accusa stanchezza. Intanto la luce del giorno timidamente avanza e con lei cresce anche la nostra euforia. Ogni tassello di giornata si dimostrerà un pezzetto di laterale sud. Birra e cori ci accompagneranno per tutto il tempo della giornata senza soluzione di continuità.
Si sale sulla navetta che ci accompagna all'aereo… poi il volo. Il viaggio ha inizio, almeno quello che ti tiene in apprensione. Mentre la terra si allontana ci immergiamo tra le nuvole. Il cielo ha i nostri colori. Qualche bottiglia di sambuca vola anch'essa di sedile in sedile e ad ogni passaggio si consuma un po’, momentaneamente sostituisce la birra che comunque non mancherà mai. Quando scompaiono le nuvole vediamo un'altra distesa azzurra: è il mare. Si intravede terra, iniziamo a scendere. La Sardegna.
Aeroporto di Cagliari. Ancora cori. Le diverse anime ultras si incamminano per strade diverse, ma verso una unica meta. Una parte di noi continuerà il viaggio in auto, l’altra in treno. La pioggia sottile viene giù a tratti, alternandosi a schiarite che diventeranno definitive nel pomeriggio. Prendiamo le auto prenotate e ci incamminiamo verso Ghilarza, altri 150 chilometri di strada, on the road. Il paesaggio è quello visto tante volte in TV nei vari documentari, il verde avvolge il nostro passaggio verso l’entroterra. Giungiamo a Ghilarza, piove, tappa della nostra fermata casa di Gramsci, adibita a Museo. Per tanti di noi è un tuffo nella memoria, tappa obbligata. Resterà nell'arco della giornata l’unico spazio dove non ci saranno cori e birra, ma non mancherà comunque la goliardia da parte di qualcuno.
Resta l’emozione della visita al Museo, il ricordo è toccante ma non c’è tempo per i sentimentalismi. Si pensa alla tavolata che ci attende. L’uscita dal museo è accompagnata dalla pioggia, ma non la sentiamo, cerchiamo il ristorante dove avevamo la prenotazione. In macchina e via. Arriviamo alla nostra meta, il locale è accogliente. Prendiamo posto a tavola. Per la compostezza sembriamo più una famiglia che un vecchio gruppo ultras. Ma dura poco. Si innalzano i bicchieri e si incomincia a bere. Come se avessimo mai smesso. Si continua a scherzare, ci si alza per le foto, per recarsi fuori a fumare. Consumiamo i pasti in allegria. Si trova sempre lo spazio per le battute e le note goliardiche. Ci si sente tutti parte dello stesso spettacolo. Siamo noi. Un gruppo di amici che porta avanti questa storia cassinate da quasi otto lustri.
Ci congediamo dal ristorante con una foto di gruppo. In alto le sciarpe e i nostri cori che strappano sorrisi agli altri ospiti del locale. Sale la tensione. Dobbiamo raggiungere la meta del nostro viaggio qui in terra di Sardegna. Ma per noi è stata una emozione ogni istante della giornata vissuto fino a quel momento. Emozioni che giuriamo dureranno ancora a lungo nella nostra memoria. Di nuovo in auto, il paese non è grande ma non sappiamo da che parte andare, prendiamo una strada e ci incamminiamo. Dopo varie peripezie troviamo lo stadio. Siamo l’ultimo tassello degli arditi cassinati a giungere al campo. Quando arriviamo qualcuno è ancora fuori, gli altri son dentro. Si sente a pelle un clima di grande festa. Una accoglienza straordinaria da parte dei locali, la gente del posto è entusiasta: brividi.
Il gruppo entra. Posizioniamo le nostre pezze sulla ringhiera della tribuna. Sembra riprodotta in piccolo la nostra Laterale Sud. Gli altri gruppi posizionano i loro striscioni sulla rete che ci divide dal campo. Prendiamo posizione sugli spalti. Numero considerevole, pensando alla distanza e alla giornata infrasettimanale lavorativa. Ma restano dettagli, la fede non conosce pause. Non ha ostacoli. Tutti rigorosamente posizionati come se giocassimo tra le mura amiche. Ognuno ha il suo posto. I lanciacori sulla ringhiera, gli altri dietro. Altri ancora dietro la propria pezza. Ma oggi si canta all'unisono. E si sente. La piccola tribuna coperta amplifica le nostre voci. I nostri cori si innalzano alti. A tratti siamo noi lo spettacolo. Sarà l’adrenalina accumulata nei giorni dell’attesa. Sarà la birra che non smette mai di esserci. Ma noi siamo possenti. Quando intoniamo i nostri cori si annullano anche le distanze esistenziali tra le diverse anime ultras. Oggi è una giornata particolare. Il Cassino da spettacolo in campo e noi sugli spalti diventiamo spettacolo nello spettacolo. Vinciamo tre a zero. Negli ultimi dieci minuti di gara si aggiungono a noi i ragazzi di Ghilarza, chiudiamo alla grande questa giornata straordinariamente viva. Intonano i nostri cori. Un riconoscimento che va oltre le nostre aspettative. Ci scambiamo gli abbracci. Le sciarpe. Tanti di noi ritorneranno a casa con al collo i colori giallorossi, simbolo della città di Ghilarza. Le nostre sciarpe biancoazzurre orgogliosamente vive sui ghilarzesi. Finisce la partita, i giocatori sotto il settore ad applaudirci. È un tripudio di emozioni.
La festa continua al bar dello stadio dove non si finisce mai di bere. il sindaco ci invita ad un rinfresco offerto nel salone antistante la tribuna e gli spogliatoi. Una parte di cassinati intraprende la via dell’aeroporto, il pullman li accompagnerà a prendere il treno che li riporterà a Cagliari. Gli altri resteranno a far festa. Nel giorno che non ha mai smesso, di esserla.
Pensavamo ad un rinfresco. È stato qualcosa di sproporzionatamente grande e sublime. La gente del posto ci ha accolto in una maniera incredibile. Sembrava aver vissuto quel momento altre mille volte, tanta era la disponibilità e l’ospitalità. Invece ci trovavamo lì, in quella parte di mondo, lontano dalla nostra Cassino, per la prima volta. Persone che difficilmente rincontreremo lungo il nostro cammino ultras, che sono state in grado di lasciare dentro di noi, in ognuno di noi una traccia indelebile. Passa in secondo piano anche la straordinaria vittoria della nostra squadra. Qualcosa che resterà a lungo scritta nelle pagine della nostra memoria. Fedayn Cassino non finirà mai di stupirsi. E di stupire.
Ci congediamo da quel calore. Ci attendono altri chilometri di strada. Il volo. Un ultimo saluto verso tutti, un abbraccio con lo sguardo e via. Ripercorriamo la strada al contrario. La giornata tende alla fine. Malgrado tutto non accusiamo fatica. Abbiamo ancora voglia di scherzare, di cantare. Di prenderci in giro. Siamo fatti così. Pensiamo ancora che dopo questa avventura ce ne saranno tante altre. Pensiamo alla partita di ritorno. Fantastichiamo improbabili scenari futuri. Semifinali. Finali. Sogniamo un’altra Viareggio trent'anni dopo. Mentre l’auto divora l’asfalto.  Giungiamo all'aeroporto di Cagliari.
Consegniamo le auto e poi dritti al terminal. Ci ricompattiamo con gli altri giunti in treno e con la squadra che prenderà il nostro stesso volo. Qualche timido coro. La stanchezza inizia a farsi sentire, ma l’euforia no. Non si arrende. L’aereo è pronto a riportarci indietro, a Ciampino.Ci ritroviamo al punto di partenza, o quasi. Scendiamo dall'aereo e ci incamminiamo. Sciarpa al collo e negli zaini i propri vessilli. Le diverse anime ultras, ognuna nella propria direzione riprende il cammino verso casa. 
Ci si saluta e ci si da un arrivederci alla prossima avventura. 
Al prossimo viaggio.

Il prossimo appuntamento è già domenica.


giovedì 11 giugno 2015

AMATECI PER COME SIAMO


E’ vergognoso come alcuni giornali della nostra provincia mettano in risalto, ed è successo già in più di una occasione, delle bravate accadute ai danni della Banca Popolare del Frusinate. Bravate che ci sono sempre state, come l’accensione di cassonetti dell’immondizia ed altre dello stesso spessore, non per questo condannabili e non per questo, come hanno fatto questi quotidiani, riconducibili alla tifoseria Cassinate. Siamo altamente indignati per questa campagna di diffamazione che colpisce non solo la tifoseria cassinate ma l’intera città di Cassino. È buona regola cercare la verità prima di puntare il dito contro qualcuno. In questo modo si sta alimentando solo odio che  potrebbe inevitabilmente portare a più spiacevoli inconvenienti con conseguenze peggiori dell’aver strappato un adesivo da una vetrina.
Conseguenze che stanno dilagando sul web, sulle pagine e nei gruppi ciociari dove si dà molto risalto a questa “notizia” e i commenti che si leggono non sono tutte rose e fiori, anzi. A noi piacerebbe sapere perché gli autori di questi articoli non si firmino e  perché mai continuano queste assurde crociate diffamatorie contro i cassinati.
Non sarebbe il caso di metterci la faccia? A noi ricorda gli “untori” di manzoniana memoria, come qualcuno che possa trarne vantaggio da questa squallida storia.
Non sarebbe stato il caso di non evidenziare la cosa? Scrivete sul vostro quotidiano tutte le volte che in città si incendia un cassonetto? Che viene divelta una panchina? Che viene buttata giù una pianta? A chi può interessare un adesivo staccato da una vetrina?
Inserire in questo contesto i tifosi, una città, è ancora una volta infangare il nome degli ultras, come se non bastassero i divieti e le leggi anticostituzionali che i vari governi adottano per reprimere migliaia di giovani che credono ancora in un ideale.
Però questi giornali non si sono mai domandati chi fossero questi ragazzi, cosa fanno nella vita fuori dallo stadio. Una vetrina imbrattata, posta in un certo modo, può far notizia, però nessuno di loro sa che gli ultras cassinati, il nostro gruppo, Fedayn Cassino 1977, in questi giorni grazie ad una campagna di sensibilizzazione sulla violenza contro le donne ha raccolto la somma di 2000 euro, più precisamente duemiladieci, consegnate direttamente nelle mani del papà di Chiara, la ragazza finita in coma e tutt’ora in stato vegetativo presso la Fondazione Santa Lucia di Roma.
Una raccolta che ha avuto contributi dal singolo cittadino e da altri gruppi di tifosi, che ha interessato e appassionato tutti. Anche persone restie alla beneficenza si sono fidati e affidati a questo gruppo che è sopravvissuto a tempi e mode e che da quasi quarant’anni è sulla cresta dell’onda.
A tal proposito due rappresentanti dei Fedayn Cassino 1977 domenica 7 giugno, sotto un sole cocente hanno preso il treno e si sono diretti verso la capitale a consegnare l’assegno che la città di Cassino ha voluto donare a questo papà coraggioso.
Forse i delatori erano al mare, ignari che questi “ragazzi” e usiamo il virgolettato perché sono uomini da anni ormai, tanti sono anche papà, vivono il quotidiano affrontando le insidie che la vita gli propina, sempre a testa alta e con dignità.
Abbiamo voluto che questo scritto lo pubblicasse L’Inchiesta quotidiano sempre attento alle tematiche giovanili e mai banale sulle sorti della tifoseria della squadra della nostra città.
Non abbiamo nulla da nascondere, la nostra storia testimonia la nostra grande passione nel tempo. Non vogliamo più che appaiano titoli o scritti che discreditano la tifoseria cassinate e la città stessa.

Creiamo distese, non barriere.


sabato 16 maggio 2015

LA MIA SERIE A

Io la Serie A la vivo da più di 2000 anni. Da quando ero municipio romano e mi andavo a guardare gli spettacoli dei gladiatori in un anfiteatro da 4.500 posti. Da quando, nel 529 d.c., il Patrono d’Europa ha eretto, sopra il monte che mi protegge, il faro della cultura occidentale. Da quando Papi, Re e Letterati mi hanno eletto a loro punto di riferimento. Da quando divenni capitale di un piccolo ma importante stato, la Terra Sancti Benedicti, strategico e fondamentale negli equilibri geo-politici dell’Italia dell’epoca. Da quando ho dimostrato di saper sempre risorgere da ogni destino avverso ed ineluttabile: prima nel 577 (Longobardi), poi nell’883 (Saraceni), dopo ancora nel 1349 (Terremoto), e per ultimo nel 1944, a causa della seconda guerra mondiale che mi ha reso città martire. Ogni volta, però, sono risorto più forte di prima. Post Fata Resurgo, ovvero Succisa Virescit, è in sintesi la mia capacità di vincere la storia. E poi l’Università degli Studi, moderna erede della tradizione del magistero culturale benedettino. Scusate ma il fardello di ricordi e di storia che porto sulle spalle non può farmi preoccupare di un risultato calcistico. Non c’è riuscito Chievo, simpatico quartiere veronese, e nemmeno Sassuolo, dalla bellissima tradizione ceramista. Non ci riuscirà certo Frosinone, che quando fu eletta capoluogo di provincia non aveva nemmeno le scuole elementari, mentre mia nonna, negli stessi anni, frequentava il Ginnasio. Una cosa, però, bisogna dirla: migliorarsi è un dovere, soprattutto quando si ha la responsabilità di essere gli eredi di una tradizione così importante. Ed in questo, onore e merito a chi ha saputo costruire qualcosa di importante e duraturo per la propria città. Denigrare a prescindere è sintomo di debolezza, e la debolezza, come storia ci insegna, non ha mai albergato nei cuori dei cassinati. Ad maiora!
   Emiliano degli U.T.S.B. Cassino

mercoledì 3 dicembre 2014

RIMPATRIATA DAY

Ci siamo ragazzi. Una attesa che sembra una vita. Da quasi due mesi aspettiamo questo week end. Stringere in un solo abbraccio vecchi amici ci regala emozioni nuove e mai sopite. 
VECCHI FEDAYN, tempo e distanze ci hanno portato via, malgrado questo conservano intatta una incrollabile fede per questa CITTA'. È qualcosa che ci fa tornare ragazzi, folli e spensierati come lo eravamo negli anni 80. Allora la chiamavano MAGIA e lo scrivevamo dappertutto, “la magia è adesso, il sogno è sempre” riportato anche su uno storico adesivo. Oppure quando preparavamo una “bolgia” ci lasciavamo andare al classico “questa magia ci droga e ci fa sentire più forti”. A venti anni eravamo folli. Eravamo ricchi della nostra spensieratezza e della nostra amicizia. Vivi. Felici di avere tutto e niente. La fede per il Cassino era il collante ideale. Oggi pensandoci bene, vedendo l’entusiasmo che intercorre nella preparazione di questa “due giorni” è accorgersi che davvero è stata una “magia” a legare questo modo di fare, questo nostro essere, che  mai è stato apparire. Imprescindibili da mode, miti momentanei ed effimeri. Fummo lungimiranti allora, quando muovevamo i primi passi in quel mondo che ci affascinava più di ogni altra cosa. Saggi oggi, con le rughe che scolpiscono i nostri volti. Ci ritroveremo ancora a San Giovanni, seduti su quelle panchine affiancate dai maestosi platani che sono ancora là, imponenti e fieri. Come noi. 
Alla “rotonda” dei nostri direttivi. La rotonda che il potere dei politicanti da strapazzo ha voluto che non ci fosse più. 
Ma ci siamo ancora noi. Principe, Fausto, Gianni di Malfa, Alberto, Domenico, i fratelli Di Gaetano. 
Da Parigi, Brescia, Varese, San Donà del Piave, Pescara… Vecchi Fedayn. “Rimpatriata Day” l’abbiamo chiamata. Lavorare lontano. Vivere lontano da Cassino e dal Cassino Calcio. Altrove ma non qui. 6 e 7 dicembre 2014, giorni che ci vedranno ancora protagonisti. 
Indissolubili eroi in questo film chiamato vita.
Ci mancheranno gli assenti. Quelli che per scelta,  vicissitudini o perché invecchiati troppo precocemente hanno intrapreso altre strade e non ci saranno.
Ma sicuramente ci saranno Michele Molesini, “il cinese”, uno di via Lombroso. Ci sarà Pasquale, ultras già prima di noi. Ci sarà Murdock a perdersi tra i tavoli e nel pullman. Ci sarà Joe, perché queste erano le cose che piacevano a lui. Ci sarà Luigi Broccoli, Tommaso Fargnoli, Massimiliano Mancinelli. Ci saranno Jack e Biagino. Ancora con noi, Luca, Mirella, Bruno “Gheddafi”, il sorriso di Fortunato. Ci sarà Romeo a correre come nella notte magica di Viareggio. Ci saranno tutti quelli che distrattamente la mia mente nell’emozione dimentica, ma che in fondo al cuore brillano sempre….
Perché il 6 e il 7 dicembre 2014 non sono solo giorni in un calendario, ma qualcosa che indelebilmente resterà impressa nel cuore, negli occhi e nella mente dei presenti.
Sarà bello a distanza di tempo raccontarci. Viverci ancora. Questi momenti sono magia.
Tramanderemo ancora energia e allora andiamo a vivere questa eternità. 
Porta la sciarpa. Porta la voce. Il tamburo, il megafono. Porta la tua imprescindibile follia. L’entusiasmo e la voglia di meravigliarci ancora… Perché noi siamo fatti così. 
Sorridi, la nostra storia è una foto che non sbiadirà mai.