E’ vergognoso come alcuni giornali
della nostra provincia mettano in risalto, ed è successo già in più di una
occasione, delle bravate accadute ai danni della Banca Popolare del Frusinate.
Bravate che ci sono sempre state, come l’accensione di cassonetti dell’immondizia
ed altre dello stesso spessore, non per questo condannabili e non per questo,
come hanno fatto questi quotidiani, riconducibili alla tifoseria Cassinate.
Siamo altamente indignati per questa campagna di diffamazione che colpisce non
solo la tifoseria cassinate ma l’intera città di Cassino. È buona regola
cercare la verità prima di puntare il dito contro qualcuno. In questo modo si
sta alimentando solo odio che potrebbe
inevitabilmente portare a più spiacevoli inconvenienti con conseguenze peggiori
dell’aver strappato un adesivo da una vetrina.
Conseguenze che stanno dilagando sul
web, sulle pagine e nei gruppi ciociari dove si dà molto risalto a questa
“notizia” e i commenti che si leggono non sono tutte rose e fiori, anzi. A noi
piacerebbe sapere perché gli autori di questi articoli non si firmino e perché mai continuano queste assurde crociate
diffamatorie contro i cassinati.
Non sarebbe il caso di metterci la
faccia? A noi ricorda gli “untori” di manzoniana memoria, come qualcuno che
possa trarne vantaggio da questa squallida storia.
Non sarebbe stato il caso di non
evidenziare la cosa? Scrivete sul vostro quotidiano tutte le volte che in città
si incendia un cassonetto? Che viene divelta una panchina? Che viene buttata
giù una pianta? A chi può interessare un adesivo staccato da una vetrina?
Inserire in questo contesto i tifosi,
una città, è ancora una volta infangare il nome degli ultras, come se non
bastassero i divieti e le leggi anticostituzionali che i vari governi adottano
per reprimere migliaia di giovani che credono ancora in un ideale.
Però questi giornali non si sono mai
domandati chi fossero questi ragazzi, cosa fanno nella vita fuori dallo stadio.
Una vetrina imbrattata, posta in un certo modo, può far notizia, però nessuno
di loro sa che gli ultras cassinati, il nostro gruppo, Fedayn Cassino 1977, in
questi giorni grazie ad una campagna di sensibilizzazione sulla violenza contro
le donne ha raccolto la somma di 2000 euro, più precisamente duemiladieci,
consegnate direttamente nelle mani del papà di Chiara, la ragazza finita in coma
e tutt’ora in stato vegetativo presso la Fondazione Santa Lucia di Roma.
Una raccolta che ha avuto contributi
dal singolo cittadino e da altri gruppi di tifosi, che ha interessato e
appassionato tutti. Anche persone restie alla beneficenza si sono fidati e
affidati a questo gruppo che è sopravvissuto a tempi e mode e che da quasi
quarant’anni è sulla cresta dell’onda.
A tal proposito due rappresentanti
dei Fedayn Cassino 1977 domenica 7 giugno, sotto un sole cocente hanno preso il
treno e si sono diretti verso la capitale a consegnare l’assegno che la città
di Cassino ha voluto donare a questo papà coraggioso.
Forse i delatori erano al mare,
ignari che questi “ragazzi” e usiamo il virgolettato perché sono uomini da anni
ormai, tanti sono anche papà, vivono il quotidiano affrontando le insidie che
la vita gli propina, sempre a testa alta e con dignità.
Abbiamo voluto che questo scritto lo
pubblicasse L’Inchiesta quotidiano sempre attento alle tematiche giovanili e
mai banale sulle sorti della tifoseria della squadra della nostra città.
Non abbiamo nulla da nascondere, la
nostra storia testimonia la nostra grande passione nel tempo. Non vogliamo più
che appaiano titoli o scritti che discreditano la tifoseria cassinate e la
città stessa.
Creiamo distese, non barriere.