giovedì 11 giugno 2015

AMATECI PER COME SIAMO


E’ vergognoso come alcuni giornali della nostra provincia mettano in risalto, ed è successo già in più di una occasione, delle bravate accadute ai danni della Banca Popolare del Frusinate. Bravate che ci sono sempre state, come l’accensione di cassonetti dell’immondizia ed altre dello stesso spessore, non per questo condannabili e non per questo, come hanno fatto questi quotidiani, riconducibili alla tifoseria Cassinate. Siamo altamente indignati per questa campagna di diffamazione che colpisce non solo la tifoseria cassinate ma l’intera città di Cassino. È buona regola cercare la verità prima di puntare il dito contro qualcuno. In questo modo si sta alimentando solo odio che  potrebbe inevitabilmente portare a più spiacevoli inconvenienti con conseguenze peggiori dell’aver strappato un adesivo da una vetrina.
Conseguenze che stanno dilagando sul web, sulle pagine e nei gruppi ciociari dove si dà molto risalto a questa “notizia” e i commenti che si leggono non sono tutte rose e fiori, anzi. A noi piacerebbe sapere perché gli autori di questi articoli non si firmino e  perché mai continuano queste assurde crociate diffamatorie contro i cassinati.
Non sarebbe il caso di metterci la faccia? A noi ricorda gli “untori” di manzoniana memoria, come qualcuno che possa trarne vantaggio da questa squallida storia.
Non sarebbe stato il caso di non evidenziare la cosa? Scrivete sul vostro quotidiano tutte le volte che in città si incendia un cassonetto? Che viene divelta una panchina? Che viene buttata giù una pianta? A chi può interessare un adesivo staccato da una vetrina?
Inserire in questo contesto i tifosi, una città, è ancora una volta infangare il nome degli ultras, come se non bastassero i divieti e le leggi anticostituzionali che i vari governi adottano per reprimere migliaia di giovani che credono ancora in un ideale.
Però questi giornali non si sono mai domandati chi fossero questi ragazzi, cosa fanno nella vita fuori dallo stadio. Una vetrina imbrattata, posta in un certo modo, può far notizia, però nessuno di loro sa che gli ultras cassinati, il nostro gruppo, Fedayn Cassino 1977, in questi giorni grazie ad una campagna di sensibilizzazione sulla violenza contro le donne ha raccolto la somma di 2000 euro, più precisamente duemiladieci, consegnate direttamente nelle mani del papà di Chiara, la ragazza finita in coma e tutt’ora in stato vegetativo presso la Fondazione Santa Lucia di Roma.
Una raccolta che ha avuto contributi dal singolo cittadino e da altri gruppi di tifosi, che ha interessato e appassionato tutti. Anche persone restie alla beneficenza si sono fidati e affidati a questo gruppo che è sopravvissuto a tempi e mode e che da quasi quarant’anni è sulla cresta dell’onda.
A tal proposito due rappresentanti dei Fedayn Cassino 1977 domenica 7 giugno, sotto un sole cocente hanno preso il treno e si sono diretti verso la capitale a consegnare l’assegno che la città di Cassino ha voluto donare a questo papà coraggioso.
Forse i delatori erano al mare, ignari che questi “ragazzi” e usiamo il virgolettato perché sono uomini da anni ormai, tanti sono anche papà, vivono il quotidiano affrontando le insidie che la vita gli propina, sempre a testa alta e con dignità.
Abbiamo voluto che questo scritto lo pubblicasse L’Inchiesta quotidiano sempre attento alle tematiche giovanili e mai banale sulle sorti della tifoseria della squadra della nostra città.
Non abbiamo nulla da nascondere, la nostra storia testimonia la nostra grande passione nel tempo. Non vogliamo più che appaiano titoli o scritti che discreditano la tifoseria cassinate e la città stessa.

Creiamo distese, non barriere.


sabato 16 maggio 2015

LA MIA SERIE A

Io la Serie A la vivo da più di 2000 anni. Da quando ero municipio romano e mi andavo a guardare gli spettacoli dei gladiatori in un anfiteatro da 4.500 posti. Da quando, nel 529 d.c., il Patrono d’Europa ha eretto, sopra il monte che mi protegge, il faro della cultura occidentale. Da quando Papi, Re e Letterati mi hanno eletto a loro punto di riferimento. Da quando divenni capitale di un piccolo ma importante stato, la Terra Sancti Benedicti, strategico e fondamentale negli equilibri geo-politici dell’Italia dell’epoca. Da quando ho dimostrato di saper sempre risorgere da ogni destino avverso ed ineluttabile: prima nel 577 (Longobardi), poi nell’883 (Saraceni), dopo ancora nel 1349 (Terremoto), e per ultimo nel 1944, a causa della seconda guerra mondiale che mi ha reso città martire. Ogni volta, però, sono risorto più forte di prima. Post Fata Resurgo, ovvero Succisa Virescit, è in sintesi la mia capacità di vincere la storia. E poi l’Università degli Studi, moderna erede della tradizione del magistero culturale benedettino. Scusate ma il fardello di ricordi e di storia che porto sulle spalle non può farmi preoccupare di un risultato calcistico. Non c’è riuscito Chievo, simpatico quartiere veronese, e nemmeno Sassuolo, dalla bellissima tradizione ceramista. Non ci riuscirà certo Frosinone, che quando fu eletta capoluogo di provincia non aveva nemmeno le scuole elementari, mentre mia nonna, negli stessi anni, frequentava il Ginnasio. Una cosa, però, bisogna dirla: migliorarsi è un dovere, soprattutto quando si ha la responsabilità di essere gli eredi di una tradizione così importante. Ed in questo, onore e merito a chi ha saputo costruire qualcosa di importante e duraturo per la propria città. Denigrare a prescindere è sintomo di debolezza, e la debolezza, come storia ci insegna, non ha mai albergato nei cuori dei cassinati. Ad maiora!
   Emiliano degli U.T.S.B. Cassino